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Trieste era negli anni trenta la terza città italiana per popolazione ebraica, ma la prima se si considera il rapporto percentuale con i non ebrei; rivestiva inoltre un ruolo fondamentale di transito per gli ebrei provenienti dall'Europa centro-orientale.
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Una presenza dunque difficilmente trascurabile e una comunità particolarmente numerosa e attiva, che aveva alle spalle una lunga vicenda e che negli anni trenta era profondamente inserita nella vita economica, politica e sociale della città giuliana. Proprio per questo la persecuzione ha dilaniato qui più che altrove il tessuto cittadino, imponendo una spaccatura verticale profonda a fronte della quale lo stupore e l'impreparazione degli ebrei sono stati assoluti. Qui più che altrove d'altra parte la propaganda antisemita è stata aggressiva, le violenze numerose e gravi, fino alla profanazione della sinagoga nell'estate del 1942. Uno dei meriti maggiori di questo libro è di riuscire a ripercorrere sia le vicende più propriamente legate alla persecuzione, sia l'evolversi delle forme e delle manifestazioni dell'antisemitismo triestino, con le sue peculiarità locali e le sue analogie rispetto alla propaganda nazionale. Soltanto se si riesce a capire la virulenza della campagna di stampa e di tutti i gesti intimidatori, delle scritte antisemite, degli atti di puro vandalismo, si può comprendere il peso della politica antiebraica come parte della politica fascista di questi anni. La stampa assume in questo contesto un peso particolarmente rilevante. Probabilmente proprio i toni più moderati e controllati, non senza velleità culturali, del quotidiano "Il Piccolo" possono essere stati alla lunga vettori più pericolosi di pregiudizi e sentimenti antisemiti che non quelli più gridati e aggressivi di tanti altri fogli, in specie quelli del Guf, particolarmente attivo nella città giuliana.