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Sullo sfondo di una Chicago che a partire dalla Fiera Universale del 1893 per giungere ai giorni nostri, cresce impetuosamente e disordinatamente, si dipana una storia ricca di forza e malinconia. Nel 1893 un ragazzino di 9 anni di nome Jimmy Corrigan viene abbandonato in cima ad uno dei più maestosi edifici dell’Esposizione dal padre, un individuo rozzo e brutale.
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Quasi un secolo dopo un altro Jimmy Corrigan (un signore di mezza età, anonimo, cicciottello, imbranato, privo di amici e che è il pronipote di quel bambino abbandonato) riceve una lettera nella quale suo padre – che lo ha lasciato quando era piccolissimo per farsi gli affari suoi – gli chiede tanto inesplicabilmente quanto perentoriamente di incontrarsi con lui. Il romanzo è, in pratica, la storia di questa tragicomica riunione. Grazie a una serie di flashback Ware dipinge un ritratto delle diverse generazioni di Corrigan che rivela chiaramente come le loro storie (molto simili) di rifiuto e di abbandono siano destinate a culminare nella struggente vicenda del Jimmy odierno, molto più portato a fantasticare sulla vita che a viverla davvero. Il libro è a colori ed è illustrato in modo meraviglioso: lo stile preciso di Ware rende in modo magistrale tanto le complessità architettoniche di una città (e di un paese) che cresce inarrestabilmente quanto la malinconica parabola di un bambino alla deriva in un mondo senza affetto. Grazie al suo stile inconfondibile, una fiaba assai semplice viene magicamente trasformata in una sorta di epos tascabile e le avventure agrodolci di Jimmy assumono la grandezza di una vera tragedia a fumetti.