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"Nella fiaba di Lessing il pastore chiede all'usignolo il motivo del suo silenzio, perché gli manca quel canto che lo aiutava nei momenti di tristezza. E Glauco Mauri, riprendendo la fiaba, esorta: "Chi ha il dono di "cantare" quindi canti, per non condannarci a sentire il tanto gracidare della banalità e della volgarità che ci circonda.
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C'è tanto chiasso intorno a noi che abbiamo bisogno che si alzi un canto di poesia e di umanità" Paolo Zanussi aveva questo dono. Aveva una laica, ironica e festosa curiosità per la vita e le sue manifestazioni. Aveva la capacità di ispirarsi alla realtà e deformarla se necessario, forzarla a mostrare aspetti nascosti o grotteschi, costringerla a rivelare il gioco della vita nelle sue infinite stupefacenti forme. Riusciva a svelare gli aspetti della vita dell'uomo e dei luoghi usando un'ironia beffarda e sferzante insieme, arguta e gioiosa, capace di trasmettere divertimento ma anche di suggerire acuti motivi di riflessione su pace e guerra, arte e società, consumismo e luoghi comuni, sesso e religione, brama di potere e sfruttamento dell'uomo e dell'ambiente." (Maria Faleschini)