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Dante si era sbagliato. All'inferno non ci sono nove gironi, ma dieci. Rezak Hukanovic vi porta nell'ultimo, quello più spaventoso e straziante. Elie Wiesel Non distogliete lo sguardo, per favore. Qui vi si chiede di leggere fino in fondo, senza saltare le parti più scabrose, perché non si dica ancora: «Non sapevo».
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Paolo Rumiz Fino allo scoppio della guerra nei Balcani, Prijedor era una pacifica città dove musulmani, croati e serbi vivevano pacificamente da secoli. Nel maggio del 1992 le milizie serbe avviarono un rastrellamento dei residenti musulmani e croati che furono confinati nei campi di concentramento e torturati, nel tentativo di disumanizzarli, annientarli. Tra coloro che hanno vissuto l'incubo c'era il poeta e giornalista Rezak Hukanovic, un sopravvissuto, il cui avvincente libro-testimonianza riporta i crimini contro l'umanità commessi dai serbi nei campi di detenzione di Omarska e Manjaca. Hukanovic e suoi amici, colleghi, parenti, vicini furono sottoposti ad atti di terrore e tortura, impotenti spettatori di omicidi orribili. Attraverso i suoi occhi increduli osserviamo, attoniti a nostra volta, la civiltà strappata via sia all'aggressore sia alla vittima, e la brutalità più cieca che mette in discussione le concezioni di dignità e umanità. "Il decimo girone dell'inferno" è pubblicato oggi, per la prima volta Italia, da Edizioni Spartaco. Prefazione di Elie Wiesel Postfazione di Paolo Rumiz.