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La cosa più tipica di un'organizzazione è la capacità di provocare cambiamenti, la produzione di benessere diffuso, l'utilità nel costituirsi come campo sociale e sistema di potere. Ma come cambiamento reale, non apparente, insomma come rivoluzione e non come semplice apparenza.
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Perciò accostarsi al mondo delle organizzazioni vuoi dire imbattersi in diversi ruoli e competenze che rispondono a differenti livelli di cambiamento, tutti orientati alla creazione di ricchezza e alla costruzione di benessere. Per questo, per organizzare, occorre porre in atto una rivoluzione che parta dai protagonisti stessi del mondo organizzativo e dal significato che riveste per gli uomini e per i loro desideri e bisogni. Così, organizzare spesso coincide con il rivoluzionare; ciò però non significa lottare contro una situazione o limitarsi a distruggerne gli aspetti indesiderati, ma lottare per costruire nuovi orizzonti e prospettive. Rivoluzione significa quindi cambiamento, volto alla consapevolezza di un lavoro che si deve trasformare da semplice ménage produttivo ad attività creatrice e creativa al tempo stesso. Scopo della rivoluzione, però, non è tanto quello di ignorare i conflitti, quanto di gestirli reinventandoli in un'ottica diversa, in grado di creare un differente approccio alla realtà organizzativa che sappia impostare una nuova gestione delle risorse e un positivo stato di benessere diffuso. Questa è la sfida della metabletica, ossia della scienza del «cambiamento sociale del vivere al plurale», un cambiamento mai univoco, ma capace di proiettarsi verso la molteplicità e la complessità delle risposte ai problemi del mondo del lavoro. Il significato della rivoluzione sta nel trasformare i limiti e le difficoltà in opportunità. Per fare in modo che le organizzazioni siano sempre più occasione di cambiamenti e non di controllo.