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Pubblicato nel 1899, appena un anno prima della svolta decisiva nella vita e nell'opera delia Deledda (il matrimonio con Palmiro Madesani ed il trasferimento a Roma: sognato, agognato per lunghi anni, e finalmente realizzato), La giusti-zìa s'inscrive a pieno titolo nella protostoria della scrittrice, e non soltanto per motivazione di ordine cronologico.
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In questa fase, che va dal 1888 al 1900, la Deledda si prova in una serie di sperimentazioni diverse e, al tempo stesso, di tentativi dispersivi, dettati dalle esigenze di mercato, dando vita nell'arco di appena un decennio a ben nove volumi, equamente divisi tra romanzi e raccolte di novelle. Pur nella pratica iniziale del feuilleton, sul fondale di una Sardegna ancora incline al manierismo coloristico dell'arcaico e del superstizioso, un tracciato evolutivo vi è comunque percepibile: la scrittrice scopre la tensione narrativa che è insita nelle solitudini immani del paesaggio, dove i silenzi umani rendono vibratili le voci della natura; e poi la tecnica del sottinteso, ovvero del personaggio e delle vicende che prendono corpo dal ritmo del dialogo, costruito sugli stampi ìo-calistici del quotidiano; e, soprattutto, l'immissione non "esotica" degli elementi antropologici (Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna è del '94) caratterizzanti usi e costumi insulari, usati anche in funzione di reagente drammatico al serpeggiare dì aspirazioni e malesseri esistenziali della crisi fin de siede.
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